venerdì 12 giugno
alle ore 21 e alle ore 22.30
concerto di musica classica dell’India del Nord
MADRE INDIA. CANTI E SUONI DELL’ANIMA
Maria Grazia Dalpasso (voce e tampura)
Mauro Fava (sitar)
Alessandro Servadio (tabla)
degustazione di Masala Chai e bevande ayurvediche rinfrescanti
ingresso libero
Programma della serata:
Primo tempo
- Guru Bandana (preghiera in Raag Desh Malhar)
- Raag Bhairav
- Raag Todi
- Raag Jhinjhoti
Secondo tempo
- Raag Bhimpalasi
- Raag Rageshri
- Raag Bihag
- Raag Hansadhvani
ll programma prevede musica classica indostana vocale e strumentale che si esprime attraverso la forma del Raga. Râga significa, nella sua origine sanscrita, ‘tingere’. La prima definizione di râga compare nella Brhaddesi di Matanga, (trattato datato intorno al VI secolo d.C.):”râga è ciò che colora con sentimento la consapevolezza di ognuno”. Questa definizione mette in evidenza uno degli aspetti fondamentali della filosofia della musica indiana: non parla di tecniche e forme musicali ma piuttosto ne evidenzia gli effetti sul corpo e sull’anima. Inoltre mette in luce il legame indissolubile tra suono (nada) e sentimento.
Nella musica indostana l tânpûrâ (liuto non tastato) fornisce un background costante sopra il quale lo Strumento solista o la voce intesse la sua trama improvvisata. Questo bordone non agisce solo come elemento di continuità per tutta un’esecuzione, ma fornisce anche la ‘fondamentale’ della scala che aiuta il solista a ottenere e conservare la purezza dell’intonazione. Si può dire anche che diventa un mezzo per ottenere uno stato di meditazione che consente di essere in contatto diretto con la struttura universale.
Nel genere più antico dell’India del nord, detto dhrupad, il râga viene esposto gradualmente a partire da una fase improvvisativa con il solo accompagnamento del tânpûrâ chiamata âlâp (discorso). L’âlâp introduce le note (svara), eseguite con la loro precisa intonazione (sruti), e definisce i movimenti melodici tipici di quel particolare râga (challan), arricchiti di abbellimenti e inflessioni indispensabili a suscitare l’emozione (rasa). Nell’âlâp emergono gradualmente tutti gli aspetti tipici del râga che ruotano attorno a due note principali (vadi e samvâdi), e vengono esplorati, partendo dal registro grave, tutti i registri sonori e conduce alla composizione vera e propria (bandish). Questa è l’unica parte fissata dalla tradizione, che delinea uno svolgimento tematico all’interno del quale si evidenzia la prima frase che viene ripetuta più spesso intercalando le improvvisazioni estemporanee (upaj). Elemento inscindibile dal râga e dal rasa è poi il tâla, ciclo ritmico tenuto dalle percussioni che accompagnano il solista dall’inizio della composizione. Segue una parte improvvisata, in cui le percussioni dialogano con il solista.
La cultura indiana ha sempre considerato la musica come strumento per comprendere la vita. In questo senso la musica indiana ha cercato il “suono cosmico”, la vibrazione principio e struttura dell’universo. La musica non è l’obiettivo finale, ma è una preghiera, un pretesto, uno strumento per comprendere il cosmo e raggiungere l’autorealizzazione (ciò che è dentro di te è anche fuori di te).
La musica indiana, più specificamente il dhrupad, è al di sopra della ragione e dell’apprendimento culturale: anche se il pubblico non può capire la lingua e il râga, può capirne la bellezza del suono.